giovedì 5 marzo 2020

Istantanee: Guatemala, Belize e Messico (parte 1)

Da quando mi sono smart-fonizzato e netbook-izzato è diventato molto facile interagire con i social network anche durante i viaggi, e ho preso così l'abitudine di scrivere, ogni sera o quasi, su FB le mie riflessioni a caldo sulla giornata di viaggio appena trascorsa. In realtà all'inizio era più che altro un modo per informare mia madre della situazione in cui mi trovavo, ma poi mi sono accorto che in molti leggevano con piacere quello che scrivevo. Sotto l'etichetta Istantanee ho pensato dunque di raccogliere quei post, viaggio per viaggio, nazione per nazione, e di pubblicare l'insieme sul blog; ne viene così fuori uno scritto forse meno utile a livello di informazioni, ma molto più spontaneo e ruspante degli articoli ragionati su cui ho sempre basato i contenuti del blog stesso.

GUATEMALA-BELIZE-MESSICO (21/7/2019 – 27/8/2019) 
Il vicino di posto in aereo durante il decollo continuava a farsi segni della croce mentre io vedendolo ho trovato indispensabile impegnarmi (con estrema discrezione) nel classico scongiuro maschile.
Fatto sta, per merito mio o suo non so, che il volo è andato liscio come l'olio e il piacere di ritrovarsi dopo alcuni anni di nuovo nello Zocalo, la grande piazza della cattedrale nel centro storico di Città del Messico per l'occasione senza installazioni che ne limitavano il colpo d'occhio, è stato immenso.
guatemala belize messico diario viaggio
mariachi
Mezzo pomeriggio e una serata nella grande capitale sono appena servite a riprendere confidenza, andare a guardare la folla di mariachi in Plaza Garibaldi e sfondarsi di tacos (strepitoso quello al polipo in salsa di inchiostro! ho pure scoperto delle curiose bottiglie di Corona da 210 ml che infatti esibiscono la scritta "Coronita", nella taqueria ci mettevano le salse...giusto quelle, perché a me la Corona fa abbastanza schifo, sembra olio di motore e se ci si mette la fettina di limone sembra olio di motore al limone), ma era già ora di muoversi.
La megalopoli me la godrò nei prossimi giorni e negli ultimi prima di tornare a casa, intanto però mi trovo a Morelia, capitale dello stato del Michoacan.
guatemala belize messico diario viaggio
tacos e coronita
La fama di questa regione non è molto buona, la città però è di una bellezza che lascia senza fiato (e non sembra affatto pericolosa) con un centro storico coloniale che esibisce una quantità esorbitante di facciate scolpite, campanili e basolati in pietra lavica, colonnati e scintillanti cupole smaltate.
Il patrimonio architettonico di Morelia è talmente imponente e in buono stato che si fa fatica a capire come questa città non sia famosa, mentre invece i turisti stranieri sono merce rara. L'UNESCO però, che ha l'occhio lungo, l'ha dichiarata patrimonio dell'umanità già da parecchi anni, magari hanno contribuito anche i buffi pulmini in legno che girano per le strade. 

Pochi tributano a Città del Messico la giusta considerazione. Nell'immaginario collettivo è un immane e caotico mastodonte dove l'attività principale sembra essere schivare le pallottole. Sbagliato!
morelia
Beh, grande è grande. Mooolto grande. Ma il suo centro però non è più pericoloso di Londra, mentre di incredibile c'è la ricchezza, varietà e bellezza di ciò che ha da offrire. Mexico City e i suoi dintorni possono riempire da soli un viaggio intero se si ha la pazienza di esplorarli per bene. Teotihuacan è a solo un'ora di bus e la maestosità delle sue piramidi lascia a bocca aperta. Tornando in città ho approfittato del pomeriggio per soddisfare un mio pallino rimasto in sospeso dall'altra volta: gustarmi i murales di Diego Rivera e dei suoi allievi.
L'ingresso al Palacio Nacional sembra stregato per me: anche oggi era chiuso per una dannatissima manifestazione che intasava lo Zocalo, però quelli nei cortili del palazzo della Secretaria de Educacion Publica e quelli che impreziosiscono il Mercado Abelardo Rodriguez me li sono visti. Tra l'altro la zona intorno a quest'ultimo che riporta verso Calle Moneda è deliziosa e vivace, tutta un colorato mercato.
guatemala belize messico diario viaggio
sulla piramide del sole
Xochimilco invece è un po' una sòla, non il posto in sé che è bello e interessante, ma il tour in barca tra i canali, caro arrabbiato, è fatto per poltrire mangiando e bevendo mentre si scivola a passo di lumaca, mentre invece ci si potrebbe inoltrare maggiormente nella vasta rete di vie d'acqua, magari muovendosi a una velocità leggermente maggiore, puntando sui tanti aspetti naturalistici e culturali della zona.
Coyoacan infine è molto carina e pittoresca. Tutti ci vanno per vedere la Casa Azul, ma la combinazione di fila chilometrica (con conseguente folla all'interno) + sotto la pioggia + prezzo esorbitante (più del triplo del biglietto di ingresso a Teotihuacan) mi ha fatto pensare senza rimpianti: "sti cazzi de Frida Kahlo". A poche centinaia di metri da questa sorge però la residenza dove è vissuto e morto assassinato il buon Lev Trotsky, quasi vuota e molto più economica...la scelta è venuta da sola.
Domani si vola verso altri lidi, alla volta del piatto forte del mio viaggio: Guatemala arrivo! 

Non ho mai visto un aeroporto fatto male come il terminal 1 di Città del Messico: dritto e lungo lungo lungo. Comunque, un po' di ritardo del volo, la fila lunga e lenta all'immigrazione guatemalteca, un traffico da santi e madonne e le ore utili per cominciare a visitare Antigua sono andate in gloria (!).
compagno lev
Per recuperare mi sono impegnato in una sveglia di buon'ora per girare la città con ancora poca gente in giro.
Antigua è davvero un delizioso gioiello, con le strade acciottolate, le casette colorate e una pletora di sontuosi monasteri e chiese coloniali, in parte in rovina a causa dei terremoti che qualche secolo fa convinsero i potenti a spostare la capitale a Guatemala. Il surplus è dato da tre vulcani che incombono sull'abitato: lo splendido Agua e, un po' più in disparte, il turbolento Fuego (spesso e volentieri in eruzione, anche poche settimane fa) e il poderoso Acatenango che sfiora i 4000. Mi sbilancio: secondo me Antigua è anche più carina di Trinidad.
sotto alla piramide della luna
Peccato dover scappare subito, ma tanto tornerò per un'altra notte scendendo dagli altipiani. Il motivo di tanta fretta era cercare di raggiungere Chichicastenango: gli shuttle ci sono solo i giorni in cui si tiene il famoso mercato (ovvero domani), ma io volevo arrivare il giorno prima per godermi l'atmosfera senza le bande di turisti. Per fare ciò mi sono dovuto affidare ai chicken bus, i vecchi, stupendi, scintillanti scuolabus americani riconvertiti a trasporto popolare; il tragitto presupponeva però ben due cambi, a Chimaltenango e a Los Encuentros, per cui ho pensato di muovermi in anticipo, tuttavia è andato tutto sensazionalmente liscio e sono arrivato prima di quanto mi aspettassi scoprendo che anche il sabato la cittadina è in fermento e parte del mercato è già attivo (ma si vedono decine di altri banchi in allestimento). Domani me lo godrò per bene prima di rimettermi in marcia. 
il muro della casa di frida
Curiosità 1: in Guatemala si vedono molte botteghe di barbiere, così ho pensato di usufruirne. Sono almeno 3 anni che non avevo la barba fatta a lametta...sembro un pischello.
Curiosità 2: mentre lì state schiattando di caldo, qui la sera si sta a maniche lunghe, d'altronde è quasi una settimana che non scendo sotto i 1500 metri di quota.
Curiosità 3: mentre cenavo in un ristorantino familiare (una benefica zuppetta seguita da una cotoletta di maiale fritta accompagnata da riso, insalatina di patate, una cosa che sembrava un mangostano rivelandosi invece una maracuja e le classiche focaccine di mais centroamericane cui qui aggiungono un ingrediente che conferisce un curioso colore grigio, che insieme a una birra hanno dato un conto equivalente a 5,8 euro) in sottofondo passava "bella stronza" di Masini in spagnolo. 

La piazza centrale di Chichicastenango è un mercato permanente, ingombra di strutture fisse, ma la domenica (e il giovedì) è tutto il centro della cittadina a trasformarsi in un brulicante e colorato mercato, ma sono soprattutto gli abitanti della zona a frequentarlo. Pensavo infatti di trovare molti più turisti occidentali, invece si perdevano nella marea maya. Alla fine mi sono comprato dei lytchees e ho fatto il desayuno (ovvero la colazione: riso, pollo fritto e verdure stufate e una bevanda che richiamava molto l'orchata di valenciana memoria, alle 9 di mattina) nei comedor tra i banchi, perché è presto per i souvenir, dopo devo portarmeli sul groppone un altro mese.
antigua
Viaggiare in chicken bus ha i suoi vantaggi: il costo contenutissimo, la discreta velocità (fa un certo effetto vedere questi vecchi cassoni pieni di gente arrampicarsi per queste salite impegnative senza perdere un colpo), il contatto umano (in tre ammucchiati stretti su ogni sedile) e la possibilità di fare palestra grazie alle serie di flessioni e sollevamenti aggrappati ai tanti appigli necessari a non venire sbatacchiato di qua e di là; certo, così non riesci a goderti gli splendidi paesaggi ma almeno ti tieni in forma.
Comunque, questi bellissimi ex-scuolabus stanno al Guatemala come i macchinoni americani anni 50 stanno a Cuba e senza uno spostamento su uno di loro, un viaggio nel paese del centroamerica non potrebbe dirsi completo. 

Di Quetzaltenango, per gli amici Xela, dicono che sia la città dall'atmosfera più autentica del paese. Una bella piazza centrale con la cattedrale (di quella antica curiosamente rimane solo la facciata, mentre alle spalle c'è quella più nuova e grande) e gli eleganti palazzi istituzionali sempre piena di gente e un'accozzaglia di casette colorate per la maggior parte a un piano, alcune vecchie, alcune nuove, alcune fatiscenti, la fanno quasi pittoresca. 
a xela
La cordialità della gente, la vivacità delle stradine, i tanti localetti graziosi - alcuni bellissimi in realtà - e il tasso di pericolo praticamente nullo, la rendono invece, se non proprio una destinazione imperdibile, un posto sicuramente piacevole, tanto che a quanto pare è un luogo privilegiato per venire a studiare spagnolo e infatti, se si aguzza lo sguardo, si notano diverse facce occidentali. La mezza giornata in più dovuta a un blocco dei trasporti avrei però preferito passarla al lago, ma tanto il lago non scappa e poi così l'ho potuta vedere coi negozi aperti (la domenica è un po' morta anche qui) e prendermi i sorrisi e i saluti dei tantissimi studenti e studentesse, tutti con le loro brave divise, che in tarda mattinata sbucano ovunque (sarà deformazione professionale la mia?). 

Alla fine ho perso anche il pomeriggio e la notte a Xela perché il blocco del traffico per non so bene quali proteste si è prolungato separando di fatto la parte occidentale degli altipiani dal resto del paese e la notizia che lo shuttle bus delle 15:15 era stato cancellato mi è arrivata alle 15:10.
pischello a chichi
Dopo le invocazioni di rito ai vari santi cattolici, maya e anche quelli del cadomblè (che qui c'entrano poco ma ci stavano bene) e con l'anima in pace per la prima notte al lago ormai persa mi sono messo in moto per organizzarmi autonomamente per il giorno dopo, anche perché mi si proponeva uno shuttle bus sempre alle 15:15 che mi avrebbe lasciato poco spazio di manovra in caso di nuova sòla. Così, appurato che i chicken bus sarebbero partiti, la mattina di buon ora mi sono presentato al terminal dove ho scoperto che il blocco c'era ancora ma che con un po' di cambi sarei riuscito ad aggirarlo: prima verso Cuatro Caminos dove ho cambiato mezzo, il quale per ovviare al problema si è inerpicato su una minuscola stradina di montagna dove ai tornanti doveva fare manovra e poi è anche diventata sterrata.
sul chicken bus
Ovviamente i panorami erano incredibili e anche gli altri passeggeri, tutti locali, erano estasiati e qualcuno mi diceva che era una novità anche per lui, ma altrettanto ovviamente io ero seduto al centro e troppo impegnato a non rotolare a ogni curva per poter fare delle foto. Durante il tragitto ho anche conosciuto Giovanni con la sua famiglia, diretti alla mia stessa destinazione, dove vivono gestendo un chiosco di churrasco (che ho in seguito cercato purtroppo senza trovarlo), dopo essere stati in visita all'altra parte della famiglia, che mi hanno invitato a proseguire con loro. Sfociati finalmente sulla Panamerican Highway con il blocco alle spalle, al primo incrocio sono dunque sceso dal bus insieme a Giovanni, alla moglie Petrona, ai loro due bambini, al fratello di lui e al padre di lei per salire tutti insieme sul cassone di un pick-up che, dopo un tortuosissimo e ultrapanoramico tragitto mi ha finalmente scaricato a San Pedro La Laguna con circa due ore e mezza di anticipo rispetto alla partenza dello shuttle bus (che poi il blocco c'era, quindi facile che me lasciavano n'artro giorno a Xela...sai le madonne) e con una spesa totale di 60 quetzales invece di 160.
vesubio?
Chi fa da sé fa per tre, shuttle-bus tiè!
La mia passione per i laghi è ormai cosa nota e consideravo come un disonore non aver ancora visitato l'Atitlan, probabilmente il vero motivo per effettuare questo viaggio e ai primi posti in tutte le classifiche degli specchi d'acqua più belli del mondo.
Oddio, come dargli torto alle classifiche? Un grosso, ma non immenso, lago dall'acqua verdeazzurra brillante circondato da montagne verdi sulle cui pendici sorgono decine di pittoreschi villaggi, il tutto guardato a vista da tre maestosi vulcani...praticamente un lago di Nemi più in grande, con tre vulcani invece di uno e una ventina di paesini invece di due.
guatemala belize messico diario viaggio
atitlan
Per due giorni (ma no, grazie blocco del traffico per avermi fatto perdere un giorno in più in questa meraviglia, grazie davvero!) mi sono goduto le cittadine di San Pedro e Santiago, gustandomi la natura e lo scenario da sogno, zompettando tra i vari paesini in lancia e sfondandomi di ceviche. L'acqua è pure abbastanza calda e si può fare il bagno. Io felice.
Curiosità: a Santiago ho dormito in un ostello, dove ero l'unico ospite, che condivide l'ingresso e il cortile con una scuola superiore. 

Da un lago in altura a uno vicino al mare, dalle montagne della Sierra Madre alle coste dell'Atlantico, dal freschetto serale al caldo tropicale.
studenti
Lasciata Santiago Atitlan, era il momento di chiudere il cerchio e tornare ad Antigua per finire l'esplorazione della splendida città coloniale, ma poi è seguito un cambio totale di prospettiva. La zona centrale del Guatemala è ondulata e impervia e anche per fare poche centinaia di chilometri ci vogliono parecchie ore: lo shuttle bus (stavolta niente sòle, però mi ha comunque lasciato un'ora ad aspettare alla reception dell'ostello ad Antigua) mi ha scaricato a Rio Dulce, dove ho dovuto far chiamare la struttura dove alloggiavo per farmi venire a prendere in barca. 
Lungo le lussureggianti sponde di un fiume che unisce il lago Izabal, il più grande del paese, al mare sorgono infatti una moltitudine di lodge tra le mangrovie raggiungibili solo via acqua: il posto è bellissimo, io tuttavia mi sento un po' come un leone in gabbia visto che al massimo posso camminare sulle passerelle tra i vari bungalow per una ventina di metri al massimo. Per passare il tempo ho addirittura preso il kayak, però la mia scarsa perizia unita alla corrente e alle onde dei motoscafi che imperano non appena si lasciano i canaletti laterali per sbucare nel fiume hanno limitato parecchio il mio raggio d'azione (a parte il culo come un secchio che ti fai a pagaiare quando la tecnica scarseggia).
La mattina però, una lancia pubblica percorre il fiume fino alla foce dove sorge, senza vie carrabili che vi arrivino, la cittadina di Livingston. Il tragitto è assolutamente meraviglioso, con il Rio Dulce che prima si allarga formando isole di mangrovie dove aironi e cormorani fanno casa mentre ai lati si vedono piccole comunità di palafitte e ci sono anche delle sorgenti calde termali dove immergersi con gran soddisfazione; mentre nella parte finale il fiume si restringe e le sponde si alzano, tanto che tra la vegetazione si intravedono delle alte scogliere. Livingston stessa è un posto insolito, pittoresco e interessante, colorato e popolato dai garifuna, di chiare origini africane. Di certo però il mare non è la sua attrazione principale visto che di spiaggia quasi non ce n'è e quella poca è sporca e bruttarella e pure l'acqua non è granché, però tutte le palme sulla spiaggia sono parecchio evocative e all'orizzonte si scorgono le coste del Belize, dove approderò tra qualche giorno.
ancora chicken bus
Il buon Philip, un vecchio garifuna dalla barba bianca laureato a Chicago e collega insegnante, avendomi precedentemente visto un po' restio ad addentrarmi negli angoli più isolati ha attaccato bottone mentre pranzavo spiegandomi che qui la situazione è completamente sicura visto anche l'isolamento della comunità (della serie, fai un crimine e poi 'ndó scappi?) e l'importanza del turismo; un bambolotto scuro scuro invece, mentre all'ombra di una palma in riva al mare ero intento a scrivere queste righe, ha approfittato per scroccarmi una barretta di wafer. L'estrema cordialità della gente, maya o garifuna che siano, con sorrisi e saluti che si sprecano, è un tratto comune però a tutto il Guatemala, che forse un po' ingiustamente viene bollato come pericoloso mentre basta del sano buonsenso per trasformarlo in una destinazione molto accogliente. 

P.S. Co 'sto caldo, la granita di mango affogata nell'aranciata gelida ti rimette al mondo, la chiamano "nevado". 

A Rio Dulce fa un caldo pazzesco, di quelli da sentirsi male, però ci sono un paio di cose che uno può fare al riguardo.
guatemala belize messico diario viaggio
sul pick up
La prima è prendersi un bel licuado, un frullato di frutta, ghiaccio e acqua o latte: quello alla papaya è una sciccheria (antico detto maya: "er licuado m'ha ripijado"); la seconda è prendere un microbus che in 10 minuti ti porta al Castillo de San Felipe. Il castello in realtà, seppur grazioso, è piccolino e non vale di certo i 75 quetzales d'ingresso, ma si trova in punta a una lingua di terra boscosa che è un parco magnifico, con tanti alberi che fanno ombra, sentieri da cui affacciarsi sia verso il centro del lago Izabal, di cui non si vede la fine, che verso il ponte di Rio Dulce, chioschi ristorante e punti dove poter fare il bagno. La domenica era pieno di famiglie della zona che venivano a passare il giorno di festa facendo barbecue, sguazzando e godendosi il quasi-fresco.
Ma come dicono da queste parti, "no hay dos sin tres": c'è un altro lago da non perdere in Guatemala, il Peten, che dà il nome a tutta la regione coperta di giungla nel nord-est del paese. Su un'isoletta al centro di questo sorge la pittoresca cittadina di Flores, ultima tappa guatemalteca del mio viaggio.
guatemala belize messico diario viaggio
in kayak
Il villaggio è incantevole, pieno di casette colorate e il lago regala degli splendidi tramonti, il motivo per cui si arriva così in culonia però è che a poche decine di chilometri in mezzo alla giungla sorge Tikal, uno dei siti maya più grandi e importanti in assoluto, uno dei miei sogni. L'area è molto vasta e bisogna camminare un sacco con un caldo terribile e un'umidità assassina, però è quasi tutto all'ombra e ogni tanto qualche folata di venticello arriva a dare manforte. Vedere queste grandi piramidi che sbucano all'improvviso dal bosco fa impressione, poi di bello c'è che vista la superficie del sito e il numero relativamente basso di visitatori ci si ritrova come niente da soli sui sentieri senza incontrare nessuno per interi quarti d'ora, a parte i tanti insetti di ogni forma e dimensione, gli svariati pennuti autoctoni, alcuni piccoli curiosi mammiferi e dei piccoli primati che chiamano spider-monkey.
Una chiusura col botto per questo interessantissimo paese, domani invece si sconfina in Belize. 
Alcune curiosità e considerazioni:
1- i chicken bus sono magnifici, ma indimenticabile è il loro clacson costituito da un cavo tirato di traverso davanti al lunotto;
2- scritte come "Gesù ti ama", "Dio è grande", ecc...si trovano ovunque ma soprattutto tappezzano i cruscotti di taxi, tuk tuk, microbus, chicken bus e così via, se poi ci metti che è facile vedere nelle chiese gente che percorre le navate in ginocchio e nelle piazze trovi sempre uno col microfono che sfascia i marroni a tutti coi sermoni dello stesso tenore delle scritte di cui sopra, ti rendi conto che i conquistadores hanno fatto un lavoro certosino;
rio dulce
3- prima di venire da queste parti non avevo idea di che sapore avessero veramente un avocado, che qui chiamano aguacate, e la guacamole;
4- non so se mette più ansia vedere tutte queste guardie coi fucili a pompa o pensare che se ci stanno forse un motivo c'è;
5- laghi e pesci endemici, qui nel Peten raccomandano di provare il "pescado blanco", nome ufficiale Petenia Splendida: non potevo esimermi: alla plancha è ottimo;
6- il primo bel tramonto guatemalteco sono riuscito a vederlo proprio l'ultimo giorno in Guatemala. 

Sul bus che portava in Belize stavamo come le sardine, però tutto sommato il viaggio e il passaggio della frontiera sono andati parecchio lisci.
Poi a Belmopan, la capitale del piccolo stato caraibico che non sembra assolutamente - e che in effetti non è - una città, ma assomiglia a una di quelle frazioni sparse nella campagna italiana, tipo i Landi per capirci (fatevi due risate guardando lo street view di google maps...e questa sarebbe una capitale?), un po' di gente è scesa e si stava più comodi.
Dalle regioni interne beliziane però io mi aspettavo una giungla tipo quella del Peten, invece l'aspetto è quello di una vallonata campagna da cui spuntano fattorie e cottage in legno e macchie tropicali.
tikal
L'unica città che merita questo nome è Belize City, che poi è l'ex capitale e, diversamente dal resto del paese, notoriamente parecchio tranquillo, ha una fama pessima e un aspetto effettivamente un po' losco. Ha però anche, se non proprio una vera bellezza, un fascino non indifferente poiché una buona metà degli edifici del centro urbano è costituita da splendide ville e villette in legno in pieno stile caraibico. Dal tardo pomeriggio e nella serata poi le strade sono quasi deserte e nei fetidi canaletti ai lati di queste si sentono gracchiare le ranocchiette (o forse era una di quelle lucertolone lunghe due piedi che ho visto rintanarsi velocemente), però la proprietaria della guesthouse diceva che il quartiere era tranquillo e si poteva uscire a piedi senza timore per raggiungere il ristorantino casareccio poco distante e in effetti i canti e i suoni provenienti dalla deliziosa chiesetta a metà strada, anche questa in legno, toglievano un po' d'ansia.
tikal
Corozal Town invece è un villaggio vicino al confine col Messico che si affaccia su una stupenda baia dall'acqua turchese. Un posto supertranquillo dove passare un pomeriggio in relax facendo il bagno (peccato l'acqua un po' mossa e l'assenza di una battigia comoda), godendosi il venticello e ammirando altre graziosissime abitazioni in legno. Ho anche dormito in un ostello chiuso in attesa di rinnovare la licenza ma il cui proprietario visto che ero uno e per una sola notte ha deciso di ospitarmi comunque.
In Belize ogni città o villaggio, anche piccolissimo, ha la sua buona dose di ristoranti ed empori cinesi, ecco: a Corozal ve n'è una quantità esorbitante.
Una cosa che qui e in Guatemala mi ha particolarmente colpito è la buona coscienza ecologica degli abitanti: sono molti i cartelli che invitano a non lasciare rifiuti in giro e sensibilizzano contro il problema dell'inquinamento, ma poi anche per strada d'immondizia se ne vede pochissima.
Ora ho lasciato il Belize rientrando in Messico per dare inizio alla seconda parte del mio viaggio che via terra mi riporterà nella capitale a prendere l'aereo del ritorno; prima tappa: Tulum. 

Il racconto prosegue nel post successivo: Istantanee: Messico, Guatemala e Belize (parte 2)

Come da tradizione, ecco anche un breve video che ripercorre le tappe narrate in questo diario:





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